Tra omnicanalità e nuovo ruolo dell’agente, Come gli strumenti di sales force automation migliorano i flussi commerciali della tua azienda

La multicanalità nel mercato B2C è ormai un dato acquisito anche in Italia, come si ricava da diversi indicatori, a cominciare da quelli che emergono dall’omonimo Osservatorio promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano e da Nielsen. Secondo gli ultimi dati dell’Osservatorio, infatti, nel 2020 l’88% della popolazione italiana over 14 ha utilizzato Internet per trovare informazioni, acquistare prodotti, effettuare pagamenti o condividere opinioni.

Ma il cambiamento nelle dinamiche di vendita, di cui la multicanalità è uno dei fenomeni più macroscopici, sta interessando anche il mercato B2B. Come è noto si tratta di due mercati molto diversi per tipologia di proposta, canali di vendita, quantità di merce coinvolta, logistica e spedizione. Tuttavia vi sono delle trasformazioni che accomunano entrambi e l’esempio dell’ omnichannel  è una di queste, anche se non l’unica.

La rivoluzione nella modalità di vendita del B2B

È bene ricordare che le aziende che operano nel mercato B2B fino a qualche anno fa vendevano i loro prodotti esclusivamente attraverso una rete di agenti, i quali si recavano fisicamente nei negozi o nelle sedi delle imprese a cui proporre il loro catalogo avendo come strumento l’applicazione su tablet.

A questa modalità classica adesso si è aggiunta anche la possibilità di fare l’ordine direttamente da un portale, da cui il concetto di multicanalità. Se questa può apparire a prima vista come una grande rivoluzione, ce n’è un’altra ancora più profonda che sta alla base di un tale cambiamento.

Se facciamo un passo indietro nell’informatica, in cui gli anni vanno calcolati quasi fossero ere geologiche, la gestione dell’ordine con le interfacce a caratteri dei vecchi sistemi AS/400 prevedeva un codice articolo abbinato a poche voci.

Oggi, quando si propone un articolo sul mercato, qualunque esso sia e qualunque sia il settore merceologico a cui appartenga, deve essere “vestito”, cioè corredato da tantissime informazioni. Non basta più che abbia codice, descrizione, quantità e prezzo, ma sono necessari una serie di contenuti a supporto: immagini, video, manuali in varie lingue, elenco delle caratteristiche tecniche e così via. Questo tipo di contenuti ormai è richiesto da tutti i partner coinvolti nel processo di vendita.

La strada verso la digitalizzazione che la pandemia ha accelerato

In molti settori, quali possono essere l’agroalimentare, la gioielleria, la cosmesi, per citarne alcuni, si è assistito negli ultimi anni all’evoluzione accennata sopra. Un’evoluzione in cui da una parte adesso è fondamentale “vestire” il prodotto con una grande ricchezza di contenuti e, dall’altra, il dominio della vendita non è più appannaggio esclusivo dell’agente. In realtà, va intesa come servizio supplementare offerto dall’azienda.

Tant’è vero che in taluni casi può avvenire con l’ausilio dell’agente, che magari interviene in fase di validazione o conferma dell’ordine, seppure collegandosi autonomamente a una piattaforma online che assicuri le medesime condizioni commerciali di una compravendita effettuata in presenza.

La pandemia, da questo punto di vista, ha impresso un’accelerazione enorme nell’aggiungere nuovi canali di vendita digitali, proprio perché ha impedito l’incontro fisico dell’agente con il cliente. Ciò non toglie che ritenere di colmare un gap digitale di 10 anni in 10 minuti, come talvolta sono solito ricordare ai C-level delle aziende con cui mi interfaccio, sarebbe irrealistico.

Pur essendoci una consapevolezza diffusa sull’importanza della strategia digitale da adottare nelle organizzazioni, da qui a realizzarla e implementarla c’è una strada fatta di cultura, lavoro e strumenti che le aziende devono comunque percorrere.